lunedì 26 dicembre 2011

Guerra di mine sul Colbricon

L'itinerario inizia dal parcheggio di malga Rolle, poco sotto il passo, a circa 1900 metri di quota. Di fronte a noi lo spettacolo maestoso delle Pale di San Martino. Qui si imbocca il sentiero 348 che si addentra nella fitta pineta del Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino. Una passeggiata di circa mezz'ora porta ai due laghetti di Colbricon a quota 1922 metri, incastonati in una conca boscosa, ai piedi della cima omonima. Questi specchi trasparenti, nelle giornate limpide, riflettono quasi magicamente il paesaggio circostante.
Aggirato il lago superiore e il piccolo rifugio privato aperto nei mesi estivi, si raggiunge il passo di Colbricon, da dove si diparte il sentiero 349. Si sale attraverso ripide balze rocciose per addentrarsi nell'ampia conca gliaciale racchiusa a nord dall'imponente parete del Colbricon Piccolo (2511 m.) e a sud dalle guglie della vetta superiore del Colbricon (2602 m.), divenuta famosa per gli episodi della prima guerra mondiale. In due ore di cammino si raggiunge la sella che separa il Colbricon dal Colbricon Piccolo a quota 2400 metri. Qui il territorio, seppur a tanti anni di distanza, ci parla ancora delle ferite inferte dalla Grande Guerra; feritorie e ricoveri si aprono a tratti lungo le pareti, mentre più su, sulla cima occidentale del Colbricon, gli aspri profili rocciosi parlano di una tremenda guerra di mine, che sconvolse l’orografia delle vette.
Il Colbricon e la vicina Cavallazza, alture dominanti il Passo Rolle, non rientravano originariamente nella linea di difesa allestita dagli austriaci nell’ipotesi di una entrata dell’Italia nel conflitto contro l’Impero. Tuttavia, con l’aprirsi del nuovo fronte di guerra, gli austro-ungarici occuparono entrambe le cime, fortificandole con avamposti nei mesi successivi.
Per tutto il 1915 le montagne non furono interessate dalle operazioni belliche, ma nel 1916, nel corso della controffensiva che l’esercito italiano tenne lungo le montagne della Val di Fiemme, il Colbricon divenne teatro di accesi scontri. Nel mese di luglio del 1916, con un’energica azione, gli italiani conquistarono la Cavallazza, il passo del Colbricon e l’omonima cima orientale. Nel mese di ottobre, dopo un fuoco d’artiglieria preparatorio, gli italiani conquistarono anche la cima occidentale del Colbricon. Gli austriaci tentarono un contrattacco che, seppur non diede i risultati sperati, permise di insediarsi poco sotto la vetta appena persa. Da queste postazioni prepararono l’azione di riconquista della cima occidentale del Colbricon, che venne condotta ad inizio novembre del 1916. Con una decina di scale collocate una vicina all’altra, gli austro-ungarici riuscirono a superare la parete rocciosa sorprendendo il presidio italiano.
Dopo la tregua forzata imposta dalle abbondanti nevicate, i due eserciti ripresero le ostilità nella primavera del 1917, con una distruttiva guerra di mine.
La cresta rocciosa tra la cima orientale italiana e quella occidentale austriaca era caratterizzata da tre guglie: nell’aprile del 1917 gli italiani fecero brillare la guglia più vicina alla cima occidentale, utilizzata dagli austriaci come avamposto per scorgere eventuali movimenti dell’esercito nemico.
Della ventina di uomini che componevano il presidio imperiale, si salvarono solo in quattro. Le operazioni di recupero delle vittime furono assai difficili, poiché lo scoppio della mina italiana fece crollare anche la galleria scavata nella neve, che collegava il presidio della guglia alla cima occidentale del Colbricon.
Decisi a conquistare completamente il Colbricon, gli italiani progettarono una galleria per far saltare l’intera cima occidentale. Gli austro-ungarici, appena si accorsero delle intenzioni della parte avversa, iniziarono lo scavo di una caverna di contromina, ma poiché erano privi di mezzi meccanici dovettero lavorare manualmente e la galleria progrediva soltanto di 30 centimetri al giorno. Ritenendo di poter saltare in aria da un momento all’altro, ridussero il numero di uomini del presidio posto sulla vetta della montagna. Contestualmente progettarono un’azione per individuare l’ingresso della galleria italiana e dedurne la direzione. A mezzanotte dell’11 luglio 1917 scattò “l’azione kiss” che, condotta con una cinquantina di uomini, permise la conquista della seconda e della terza guglia della cresta, ma non la distruzione della galleria italiana, il cui ingresso era situato in un posto protetto, poco sotto le alture rocciose. Gli austriaci riuscirono, tuttavia, a far saltare il deposito di esplosivo degli italiani.
Sorpresi dall’azione, gli italiani affrettarono i loro lavori e pochi giorni dopo, caricato il fornello di mina con 8000 kg di esplosivo, fecero saltare la montagna. La ridotta quantità di esplosivo, accanto al posizionamento non abbastanza vicino alla cima occidentale, distrusse ulteriormente il primo dente e parte della cima austriaca, senza però annientare il presidio.
Nel corso dell’estate gli imperiali, per difendere ciò che rimaneva del caposaldo, proseguirono lo scavo della loro galleria di contromina, ma gli italiani decisero di porre tra essi e il presidio austriaco un cratere tale da arrestare qualunque scavo. Nel mese di settembre del 1917 scoppiò la terza mina, che distrusse completamente il primo dente, del quale oggi rimangono solo detriti, lasciando però quasi indisturbato il presidio sulla cima occidentale del Colbricon, che fu bersagliato ripetutamente dalle artiglierie italiane. L’esito delle battaglie sul fronte dell’Isonzo, con la sconfitta italiana di Caporetto e il ripiegamento fino al Piave, allontanò la guerra dalle montagne fiemmesi e, nel mese di novembre del 1917, l’esercito italiano si ritirò dal Colbricon e dal Passo Rolle. Rimasero i segni del conflitto: dalla forcella fra le due vette del Colbricon è ben visibile, alzando gli occhi verso la cima occidentale, la devastazione causata dalla guerra di mine.

E’ su questa forcella che si chiude l’escursione; il rientro può avvenire attraverso lo stesso percorso, oppure si può proseguire lungo il sentiero 349 fino alla vicina forcella di Ceremana a quota 2428 metri, scenografico intaglio roccioso tra il Colbricon e cima Ceremana, presso la quale si notano ancora i resti del caposaldo militare austriaco che presidiava quella posizione. La forcella offre una splendida visuale, nelle belle giornate, sul gruppo delle Pale di San Martino. Da qui, un percorso più impegnativo conduce verso malga val Cigolera a quota 1880 metri e nuovamente al passo di Colbricon. I più allenati possono scendere attraverso la val Ceremana sul sentiero 337, lungo le retrovie austro-ungariche, ma devono lasciare un’auto presso il lago di Paneveggio e coprire un dislivello di circa 1000 metri.

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