giovedì 5 gennaio 2012

Sul sentiero dei Kaiserjager

Tra il forte di Valparola, adibito a progetto museale e la vetta del Piccolo Lagazuoi è stato recuperato e reso funzionante il sentiero originale approntato dai Kaiserjager, i tiratori scelti dell'Imperatore d'Austria. Lo sviluppo complessivo è di 2.250 metri, il dislivello è di 700 metri (2 ore di percorrenza). Lungo il sentiero si possono ammirare i resti del Comando Austriaco, alcune caverne scavate alla base della montagna ove sono state ricostruite la cucina e il dormitorio dei soldati. Assolutamente spettacolare il ponte sospeso a funi metalliche lungo 15 metri ricostruito nel medesimo posto di quello originale austriaco di cui sono ancora visibili gli ancoraggi, i denti di appoggio e gli spezzoni delle funi originali. Il sentiero termina a quota 2.800 metri ove un crocifisso ricorda i caduti della Grande Guerra. Il panorama che si gode è semplicemente favoloso; gli occhi spaziano dalle Odle al Pelmo, dall'Antelao al Gruppo del Sella, dalle Tofane al Civetta.


 
Di seguito alcuni link per più informazioni:






 


sabato 31 dicembre 2011

La Grande Guerra sui Lagorai

Di particolare interesse sono i numerosi resti dei baraccamenti militari del conflitto mondiale del 1915-1918, parte dei quali ben arroccati su inaccessibili creste rocciose. Non è nemmeno raro imbattersi ancora in resti di utensili militari e a riguardo è consigliabile il passaggio (per altro obbligato per la translagorai) al Rifugio Cauriol (m. 1600) che conserva al suo interno una discreta collezione di oggetti ritrovati (scarpe, padelle, armi, utensili, libri). Ma ora un pò di storia, descritta molto sommariamente, ma utile ad acquisire uno sguardo più critico, attento e rispettoso durante le escursioni in questi luoghi.
Correva l’anno 1915 quando la 90ª Divisione di Fanteria austro-ungarica stava appostando la controffensiva alle truppe italiane, che stavano avanzando da sud, proprio sul Lagorai.
Scelse questa catena proprio per le sue caratteristiche morfologiche. Verso sud si presenta come una lunga bastionata rocciosa interrotta solo da stretti passaggi obbligati, che provvide a rafforzare ulteriormente con una fitta rete di trincee, teleferiche, mulattiere, casermette e gallerie.
L’Italia schierava invece la 15ª Divisione composta dalla Brigata Venezia, Brigata Abruzzi, Battaglioni Alpini Feltre e Val Cismon, il 2° Reggimento Bersaglieri e l’84° Reggimento di Fanteria.
Il 24 Maggio 1915 gli italiani iniziarono l’avanzata in questo settore attestandosi inizialmente sulle direttrici di Forcella Valsorda, Cima d’Arzon, Stretta di Pralongo, Val Regana e Forcella Magna.
Nei mesi successivi conquistarono Monte Cima, Cima Rava, Cima D’Asta, Passo Cinque Croci e il Castellazzo nei pressi del Passo Rolle.
Nell’estate del 1916 le azioni di punta nel Lagorai vennero brillantemente condotte dal Magg. Gen. Giuseppe Ferrari a capo del "Nucleo Ferrari". L’attacco venne sferrato il 21 luglio 1916 dopo alcuni giorni di avanzate notturne nei punti chiave di Forcella Ceremana, Passo Colbricon e Cavallazza. L’effetto sorpresa portò fruttuosi risultati che fecero retrocedere le truppe austro-ungariche sul Piccolo Colbricon, mentre la scoscesa cordigliera di Ceremana e Vallon era saldamente in mano al "Nucleo Ferrari".
Nell’agosto dello stesso anno l’attenzione si spostò contemporaneamente verso Cima Cece e il Monte Cauriol.
La prima doveva essere un’azione diversiva per indebolire la controffensiva all’azione principale, che si sarebbe tenuta sui fianchi sud-est del Monte Cauriol da parte degli alpini del Battaglione Monrosa e sud-ovest dagli alpini del Battaglione Feltre.
Entrambe le avanzate fruttarono prima la conquista di Cima Cece, Forcella di Cece e Forcella Valmaggiore e successivamente, anche sul settore principale, il Monte Cauriol.
Quest’ultima battaglia è tristemente nota per i sanguinosi scontri che portarono al massacro corpo a corpo di entrambi gli eserciti sotto i furiosi colpi di artiglieria.
Da Cima Cece l’occupazione dei reparti italiani si aggiudicò anche il Coltorondo (14 settembre), il Cardinal (23 settembre) e la quota 2456 della Busa Alta (5 ottobre).
Quell’anno ebbe purtroppo inizio un rigidissimo inverno che contribuì ad aggravare le perdite di vite, già altissime in quell’anno su entrambi i fronti a causa delle valanghe che spazzarono via interi reparti e il freddo che martoriò in particolare le postazioni più in quota.
Al termine dell’inverno si censirono sommariamente in tutto il settore del Lagorai, dall’inizio della guerra, circa 10.000 morti solo fra le truppe italiane.
Da quel momento in poi, l’idea di una discesa degli italiani fino in Valle di Fiemme fu abbandonata a causa dell’indebolimento dell’esercito subìto soprattutto durante il precedente inverno.
La guerra sul Lagorai divenne così guerra di trincea mirata solo al mantenimento delle posizioni.
Fu la battaglia del Piave nel 1918 che sancì la disfatta dell’esercito austriaco e il relativo ritiro verso nord.
Le truppe italiane scesero a Cavalese l’11novembre 1918.

Entrata del Comando sulla Cavallazza Piccola


Il Colbricon con vestito invernale


Il Cauriol


La Busa Alta vista dal Cardinal


Il Cauriol visto dal Cardinal


La Catena dei Lagorai vista da Cima Cece


Postazione su Cima Cece


In vetta al Cauriol

mercoledì 28 dicembre 2011

Una scena tragica in Carnia

Il ricordo di quella tragica scena è ancor vivo nell’animo mio. Era la sera del 17 gennaio 1917. Verso le ore 16 il cielo si andava coprendo di una densa cortina di nubi, e tutto faceva presagire una nottata burrascosa. Un gruppo di finanzieri - undici - riparati sotto un improvviso ricovero, erano dietro a preparare il vitto per la 58ª Compagnia, che lottava in quei giorni con le insidie della montagna e con quelle del nemico, accampato poco lungi dal ricovero stesso.
Al tramonto la volta del cielo era quasi completamente coperta dalle nuvole, le quali avanzavano sempre più minacciose, spinte dalla violenza del vento.
Essendo vicina l’ora del rancio, io, che ero in turno di riposo, mossi per primo verso la baracca. Ma avevo appena fatti pochi passi quando, fra un immenso fragore, vidi un enorme masso di roccia rotolare e precipitare di colpo sopra il ricovero dove erano i miei poveri commilitoni.
Fu una scena raccapricciante. Un coro di urli disperati si levò dal cumulo delle macerie, poi seguì un silenzio di morte. Il turbinio della neve sollevata dal precipitar di quei massi, mi offuscò per qualche istante la vista e quando cessò rimasi come inerte a fissare il luogo della sciagura.
Frattanto, richiamati dal fragore, ecco sopraggiungere alcuni finanzieri, con alla testa il Capitano Francesco Caligara, e dietro di loro alcuni bersaglieri ed alpini con i loro ufficiali.
In un baleno fu organizzata una squadra di soccorso e tutti ci mettemmo al lavoro con affannosa lena animati dalla speranza di salvare almeno qualcuna di quelle giovani vite.
I primi macigni cominciarono a rotolare per la vallata mentre il nostro Capitano andava intercalando agli ordini parole di commiserazione per le povere vittime. Col pianto nella gola chiamò più volte per nome quei miseri, poi a un tratto scoppiò in singhiozzi accorati.
A notte alta, sotto la neve, sferzati dal vento che soffiava sempre più violentemente, lavoravamo ancora. Ma il Capitano - considerata la inanità dei nostri generosi sforzi - ci ordinò di sospendere dicendoci che all’alba avrebbe chiamato sul posto una squadra del Genio affinché facesse rotolare quei massi enormi per mezzo delle mine.
Infatti, al sorgere del sole, sopraggiungeva la squadra del Genio militare, e verso le ore 12, dopo fatiche indicibili, appariva ai nostri occhi esterrefatti un lembo di giubba intriso di sangue.
Scavammo, scavammo ancora e al fine - uno dietro l’altro - riuscimmo a dissotterrare i corpi delle povere vittime. Ma in che stato!
Di undici, riuscimmo, a stento a riconoscerne, appena cinque. Gli altri sei erano ridotti a tanti brani di carne maciullata. La morte aveva sfigurati i loro volti!
Salutati con il cuore i resti di quegli undici infelici, li seppellimmo degnamente e con austera cerimonia, ed ora dormono il loro sonno eterno fra le bianche vette della Carnia.
Ma nell’animo di chi scrive essi vivono tuttora, né il tempo cancellerà il ricordo di quella funesta giornata.


Il sig. Ten. Col. FRONCILLO Giuseppe, testimone oculare, in data 21 maggio 1942, così mi scrisse:
<<…Vivo è poi ancora in me il ricordo di quella tragica scena verificatasi in Carnia il 17 gennaio 1917, ed i nomi di tutti quei CADUTI mi sono scolpiti nel cuore e nella mente. I fatti da te narrati sono fedeli in ogni particolare>>.


Testimonianza tratta dal VADE-MECUM del Graduato della Guardia di Finanza - XI edizione del 10 gennaio 1956 - scritto dal Maresciallo Maggiore Terra della Guardia di Finanza (c.a.) Rosario LEOTTA - Casa Editrice C.I.T.E.M. Compagnia Industriale Tipografica Editrice Meridionale.




martedì 27 dicembre 2011

Il giro della Grande Guerra

Tra le cime delle Dolomiti, negli inverni più freddi del secolo, si combattè una guerra unica nella storia dell'uomo. Kaiserjager austriaci e Alpenkorps germanici da una parte e gli Alpini dall'altra si affrontarono in alta montagna in condizioni ambientali e climatiche estreme, tra incredibili difficoltà di rifornimento di viveri e di materiali. A partire dal 24 maggio 1915 fino a novembre 1917, la linea del fronte tagliò le montagne più elevate e famose delle Dolomiti. Il vento, il freddo delle alte quote, le slavine divennero il vero nemico dei soldati. Più che una battaglia tra eserciti contrapposti, quella divenne una guerra dell'uomo contro la montagna.
Quanto ancora rimane su queste cime testimonia la tenacia ed il coraggio di chi fu chiamato a combattere sulle pareti di roccia.
Trincee, postazioni e gallerie costellano ancora oggi la linea del fronte.
Le feritoie che si aprono sulle montagne indicano i ricoveri in cui i soldati vivevano o le postazioni di artiglieria e di mitragliatrici contro cui si esaurirono i loro continui inutili attacchi.
L'itinerario, quindi, percorre il fronte dolomitico e gira attorno al Col di Lana, il colle di sangue, simbolo della Grande Guerra.
Lungo il percorso si incontreranno postazioni, gallerie e feritoie costruite dai soldati italiani, austro-ungarici e tedeschi per far fronte al nemico e alla vita in alta quota durante la Prima Guerra Mondiale.
E' un percorso ricco di storia che vi porterà nei paesaggi più spettacolari delle Dolomiti, oltre al gruppo del Sella e della Marmolada, anche del Civetta, del Pelmo, delle Cinque Torri, delle Tofane, del Lagazuoi, del Conturines, del Settsass e del Sassongher.
Il giro della Grande Guerra è alla portata di tutti, adulti e bambini.